Questa mattina ho aperto gli occhi, ho acutizzato le orecchie, mi sono accorto, nonostante le previsioni che stava piovendo. Si ha di nuovo gettato un bel tonnellaggio di acqua. Un Agosto che Vi racconto in questo modo: Siamo alla fine del 1800, nel mese storicamente tra i i più repubblicani.Il cocomero tagliato a fette fa parte del ministro Miceli in bocca al popolo sovrano. Bertani è rappresentato dai pomidoro, quando il cocomero non riesce rosso incandescente, ma rosso pallido, si ha il terzo partito, ed allora quel partito fa parte di Mellana. Del resto,il cocomero è la vera bandiera tricolore che la natura ha dato all'Italia: - la corteccia verde di fuori,e bianca di dentro, e il midollo rosso. Se il ministro Sella riesce a mettere la sua imposta sui tessuti, si potrebbe, per economia sostituire alla bandiera artificiale la naturale, con sensibile taglio di spesa. Mezzo cocomero infilato sull'asta di Monte Citorio indicherebbe che in quel giorno il Parlamento siede. Il giorno dello Statuto,tutti i cittadini metterebbero un cocomero spaccato alla finestra, in segno di gioia. E la sera ognuno mangerebbe la sua bandiera prima di andare a letto. Il sole in Agosto entra in Vergine - in altri termini si marita...Dopo 9 mesi, la Vergine partorisce e mette al mondo dei Solini...E il Senatore Alfieri manda a stirare i suoi che non sono Solini, ma Soloni.....legislatori. E' il sol d'Agosto - la vita è amore Dei vermicelli - coi pomidore ( da poesie urbane di Prati)
!l 20 agosto 2014 lo Stupidario di Armando Crivelli
Il simbolismo cattolico che circonfuse i sovrani di un’ aura sacra si accompagnò un analogo corredo iconografico secolare che ne fece un modello di virtù monarchica. Due forme di raffigurazioni di fatti inseparabili: Il principe era prima di tutto e soprattutto. un sovrano cristiano, il difensore della fede, un esempio sfolgorante di devozione, e il suo potere sovrano e le sue virtù secolari affondavano le sue radici nella sua identità di prescelto alfiere di Dio. La compenetrazione di queste due identità spirituale e secolare, si manifestava nei numerosi rituali pubblici cui partecipava: nei raduni solenni dei due ordini cavallereschi della S.S Annunziata e dei Santi Maurizio e Lazzaro, per esempio; oppure, quando assistito da una falange di Vescovi presiedeva all’ostensione, davanti a Palazzo Reale, del sacro Lino, insieme Sacra Reliquie e avere della Dinastia. Le cerimonie che punteggiavano come pietre miliari la vita della Dinastia, in occasione di nascite, matrimoni, funerali, erano parimenti concepite in termini religiosi e conseguentemente inscenate. Il simbolismo di tali cerimonie era altresì profondamente secolare e politico, concepito con estrema accuratezza per esaltare la figura del Sovrano e l’ideale monarchico che incarnava. La forma degli spettacoli pubblici e degli intrattenimenti di corte non rimase immutata nel tempo, andò sempre più ad evolversi nel corso dell’Antico Regime. L’adattamento era rigoroso rispettando gli orientamenti del Sovrano. Carlo Emanuele I era molto famoso per gli spettacoli sfarzosi che inscenava, coinvolgendo tutta la Corte. Lui stesso interpretava il ruolo di protagonista. In occasione del matrimonio del suo erede Vittorio Amedeo, con la Cristina, figlia di Enrico IV di Francia, celebrato nel 1619, organizzò una serie di festeggiamenti assai elaborati. La sposa fu accolta da una finta battaglia quando valicò il passo del Moncenisio, fu eretto un arco di trionfo sotto il quale la coppia transitò nel corso dell’ingresso ufficiale a Torino; all’arrivo fu festeggiata con balletti, un dramma musicale, fuochi di artificio e un Torneo in Piazza Castello, cui partecipò una moltitudine di persone. Un lusso assai costoso. L’Ambasciatore inglese quantificò i costi dichiarandoli superiori a due anni di campagne militari. Siamo di fronte a personaggi che nutrono la loro autoreferenzialità disponendo di grandi doti intellettuali. Ritenevano ben investito questo denaro, arricchiva l’immagine della magnificenza e della liberalità consolidando il ruolo di Signore supremo della gerarchia militare e nobiliare.
Sopraggiunta la rottura definitiva con il Partito di riferimento, il partito socialista; Mussolini abituato a muoversi osannato dal calore di vastissime platee di sostenitori, si dota di uno strumento di propaganda molto incisivo: un giornale. Con grande e determinata arguzia e con consistenti fonti finanziarie inaugura la stagione del “ Il Popolo D’Italia”. Si confrontano a suo intendere:il parlamentarismo inetto e ostile ad ogni destino della Nazione per quanto geloso del suo mediocre passato, e l’immiserimento delle masse nelle piccole risorse del socialismo ufficiale. Il “Popolo d’Italia” accampamento di uomini liberi, munito e trincerato per un imminente stato di guerra diventa subito un faro sul grigio e sconsolato orizzonte dell’Italia di quei tempi . Il suo programma tracciato in un articolo che rappresentava il punto di partenza del fascismo, costituisce la prima affermazione dei diritti rivoluzionari del dovere patriottico del popolo. Mussolini batte su pochi ma esaustivi luoghi del suo rigido articolato pensiero.” Una Rivoluzione ormai non può che essere al costo di una dimensione Nazionale, di tutti gli italiani, i quali prima però devono prima affrontare il collaudo della storia. Questo collaudo si chiama la guerra. Un popolo che non fa una guerra per darsi una coscienza unitaria e per provare la resistenza fisica e morale nella stirpe non è degno di darsi un nuovo regime. Gli mancherebbero i fermenti dell’azione, il pretesto dinamico della lotta, la rovente fede e la grande solidarietà nazionale. Vincere o morire: non è un dilemma retorico, uno è il categorico imperativo di una civiltà esistente e latente. Si trattava di ricacciare l’Italia per sempre nel balcanismo della sua tradizione democratica o di portarla con l’intervento alla testa della Civiltà Europea Penso di aver introdotto interrogativi che a differenza di come sono stati risolti, promuovessero interessanti risposte. Non lo si dimentichi, l’attore principale fu Benito Mussolini. Una figura che io non considero neppure vigliacco. Uno speculatore che ha trovato contingenze favorevoli e su di esse ha costruito il dramma del Ventennio. Auspico repliche . Armando Crivelli 15 giugno 2014
Il 17 Marzo 1861 il Parlamento Subalpino proclamò Vittorio Emanuele II Re d’Italia. Il clamore popolare, per l’occasione si rivelò piuttosto tiepido. In qualche misura rifletteva il carattere sobrio e schivo della città. Il discorso di investitura doveva essere pronunciato a Palazzo Carignano. Ma vista la grande presenza di delegati venne predisposta una sala apposita. La Camera contava 443 membri. Primo Ministro era Camillo Benso Conte di Cavour. Si palpava il nervosismo del Conte, si notava l’assenza di Mazzini e si rumoreggiava sulla decisione di Cattaneo nel non votare e non giurare fedeltà. Il sistema elettorale disponeva di norme molto rigide: bisognava aver compiuto i venticinque anni, era necessario saper leggere e scrivere e versare almeno quaranta lire di imposte dirette l’anno.
Una placenta raccoglie tutti gli elementi che hanno consolidato attraverso una naturale azione di sedimentazione i ricordi di particelle di vita vissuta. Una placenta che ne conserva gli ingredienti, mantenendone la genuinità. Spesso mi cimento con questa dura e ardua prova. La prova di cercare di attualizzare il più possibile. Ricordare fasi importanti di esperienze che si riassumono spesso in rapidissimi focus mentali.
Vorrei esporre alcune riflessioni sul fascismo assumendo un ruolo terzo. La storia del fascismo,a partire dai tempestosi inizi del 1914 alla conquista dello Stato nel 1922,è del tutto ispirata dalla figura di Benito Mussolini, egli si abbandona ad uno sterile tentativo di riprendere il filo dell’Unità spezzatosi nel’60 e salda la tradizione del Risorgimento con il punto di partenza del Regime. “ La Rivoluzione, maturata in Italia al principio dei secoli scorsi, contraffatta dalle correnti democratiche e dal sinistro influsso degli immortali principi, rinsecchita nel frigido costituzionalismo librale, logorata dal contatto immediato con la vecchia mentalità anti unitaria e faziosa della penisola, non trovò dei capi e tanto meno gregari” ( Dai discorsi di B.M.)
L’occupazione tedesca e la restaurazione fascista agirono adoppio effetto: Nel momento stesso che accrescevano la forza materiale del nazifascismo in Italia, suscitarono contro di questa la forza morale e materiale della Resistenza partigiana. Subito dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943molti soldati appartenenti ai corpi che, rimasti privi di comando e di armi, si erano sbandati, si trovarono esposti al pericolo di essere catturati dai tedeschi, deportati nei loro campi di prigionia, rastrellati ed adibiti a lavori di supporto militare sia in Italia che in Germania. Molti avrebberovoluto tornare alle loro case nelle provincie occupate dagli Anglo-Americani, ma non potevano attraversare la linea del fronte.
Attorno le date del 25 e 26 Aprile di ogni anno si inaugura il periodo di riflessione dei momenti più significativi relativi le date coincidenti la Liberazione del nostro Paese dal giogo nazi-fascista. Date che ecumenizzano l'epilogo di una vicenda storica durata oltre 20 anni che ha anche concluso la fase tragica della guerra. Il 25 Aprile è stato il giorno in cui quasi tutti gli italiani hanno avuto la percezione di aver riconquistato la propria libertà. Quale valore assegnare al valore della Libertà a quello della Democrazia. L'Italia, senza perdere tempo, con grande senso di volontà e partecipazione è ripartita da quella data. Ha ben saputo valorizzare lo spirito unitario che aveva animato i vari movimenti di Liberazione che avevano scelto di porre al primo posto la ricerca della vittoria e non gli interessi di bottega politica. Spiace , ogni tanto origliare strani, ma preoccupanti discorsi da parte di certi settori del negazionismo o del sottovalutismo. Non nego che il trascorrere del tempo, per certi aspetti attenua il valore intrinseco presente nel decorrere epico di quella lotta. In larga misura buona parte di quei protagonisti non sono più tra di noi. Io sarei soddisfatto se certi argomenti appartenessero con più evidenza nella agenda delle discussioni politico culturali della nostra attualità politica. Libertà, democrazia, partecipazione sono argomenti presenti potenzialmente nel dibattito dell'oggi. Mi accontenterei se venissero ancor raccontati i fatti. Ad esempio nelle scuole. vorrei che la stampa si soffermasse di più raccontando le vicende storiche nominando e quindi ricordando i protagonisti. Oggi i giovani sono al massimo e non sempre i nipoti lontani di quei partigiani. Io personalmente sento mio, molto mio quel valore, ma mi rendo conto che qualcuno lo considera addirittura, perchè cosi si è espresso un ragazzo, definendolo addirittura vintage. Consultate vecchi libri, io stò rileggendo " I Centri dirigenti del P.C.I: nella Resistenza" di Luigi Longo. Se penso cosa significa essere antifascista mi viene alla mente mio padre gli zii ecc. I ricordi, venivo accompagnato tutti sabati e domenica alla Casa del Popolo il Tiziano Lanza di Grugliasco. Per noi ragazzini l'opportunità anche di vedere la televione, ricordo Rintintin, ivanohe e altro, Per gli adulti il gioco da bocce, delle carte, la mesa stupa e le merende a base di salumi, pesciolini fritti acciughe al verde. ma a Gruglisco ogni scadenza legata alla lotta di liberazione era ornata da grande partecipazione popolare.
Scartabellando , Vi propongo sunti di vecchie ricerche: mi ero occupato di studiare i settori di investimento del Regime, gli anni trenta e primi quaranta, nell’ambito agricolo e zootecnico. In relazione a tutto ciò il coinvolgimento delle famiglie, in particolare le donne. Mi abbandono quindi a presentarvi una curiosità.
Premesso: La pollicoltura campagnola ha come finalità la produzione delle uova. Tale indirizzo è in armonia con l’attitudine della gallina italiana, che è buona produttrice di uova. La parte più importante della pollicoltura è senz’altro incubazione. La prima fase che garantisce il successo è la scelte dei riproduttori. Dal numeroso gruppo di galline che popolano il pollaio, la massaia preleva di solito le uova da cova senza conoscere l’età, la capacità produttiva e la salute delle fetatrici. Con questo sistema l’allevatore procede ad occhi chiusi e non deve meravigliarsi se poi ottiene soggetti di scarso rendimento. Si deve quindi cercare in tutti i modi di prelevare le uova destinate alla cova, soltanto dalle migliori galline accoppiate con un buon gallo. Di solito il gallo viene scelto in base alla vivacità di colore delle penne, alla grandezza e al carattere,mentre si trascura completamente la discendenza, praticando allevamenti in consanguineità. Un Gallo, nato da madre che abbia prodotto in un anno 200 uova e messo con le comuni galline, che in media danno 80 uova all’anno, si potranno ottenere dalle femmine che mediamente potranno produrre sino a 140 uova, nel loro primo anno di fetazione Seguendo questo metodo, in meno di tre anni la produzione del pollaio potrà risultare più che raddoppiata, senza dover aumentare il numero dei soggetti allevati